La realtà dell’Incarnazione che ci stiamo preparando a vivere nella liturgia della chiesa ha davvero molteplici conseguenze nella vita dei credenti.
O potremmo dire che potrebbe avere molteplici conseguenze nella misura in cui prendessimo davvero sul serio la realtà di fede che essa rappresenta. Mi spiego meglio. Il Natale, parola più affine e meno teologica del termine incarnazione del Verbo, è una parola che ci piace tantissimo ed è meraviglioso che sia così. Si tratta infatti di una parola estremamente evocativa, suscita ricordi emozioni che hanno la loro radice nella più remota infanzia. I bambini, e noi tutti quando lo eravamo, attendono il Natale come qualcosa di magico, di straordinario. L’attesa rituale di quella notte in cui la luce, l’attesa della sorpresa di qualcuno che viene di lontano per donarci ciò che desideriamo è bisogno ancestrale di ricongiungimento con l’origine che, ora che siamo grandi, leggiamo con maggiore consapevolezza ed anche, diciamolo pure, con un briciolo di nostalgia.
E’ importante la cura che nelle famiglie si impiega perché i bambini possano custodire questa attesa con un’attenzione ai particolari ( dipingere a mano l’oggettistica natalizia, curare una corona di avvento domestica ecc ecc) che solo nell’ottica della gratuità e del donarsi può essere compresa. Vorrei dire che educare i più piccoli al Natale non è difficile, cioè aiutarli a cogliere dietro ai simboli più materiali ciò che essi stanno a significare.
Per noi adulti la questione è più complessa, va da sé. Non è assolutamente impossibile che recuperiamo un senso di meraviglia e di stupore seppure in mezzo a tanto correre e a tante responsabilità. Tuttavia non c’è solo questo aspetto, il quale peraltro è estremamente circostanziato al periodo delle festività, ma c’è tutto ciò che dipende della verità storica e di fede del Bambino Gesù. Si è fatto carne, non ci ha raccontato una favola o una bella storiella come su come affrontare le difficoltà della vita.
Ha assunto la nostra carne e questo ha una infinità di conseguenze sulle quali potremmo ragionare a iosa. Vorrei solo fare un esempio. La chiesa come comunità cristiana ha sempre preso molto sul serio l’assunzione dell’umanità da parte di Dio ( uso volutamente una terminologia più specifica perché dire Natale ha troppe precomprensioni limitanti nella nostra testa ). Abbiamo fondato ospedali, taluni ancora vivi da un passato remoto, altri che sono diventati monumenti eterni di una bellezza che incanta ( lo Spedale degli Innocenti, la facciata dello Spedale di San Giovanni in Laterano, quello dello Smom a Malta ecc ecc ).
Un altro aspetto che abbiamo sempre preso molto sul serio è stato quello di ‘fare’ cultura. Abbiamo fondato scuole creato accademie e quant’altro ma non solo. Ci siamo sempre preoccupati come cristiani che il messaggio ma anche i contenuti del vangelo arrivassero a tutti, anche ai più semplici. E abbiamo tappezzato letteralmente muri absidi volte chiostri biblioteche edifici pubblici di affreschi che avevano la funzione di narrare la bellezza e la verità del messaggio evangelico. Abbiamo creato cultura, e non vi è cultura senza assunzione di contenuti e senza che questi contenuti, di fede in questo senso, diventassero vita, la vita dei credenti, la vita di tanti santi anonimi direbbe Karl Rahner che hanno abitato questi duemila anni di cristianesimo. Soltanto uno sciocco non coglie la bellezza e potenza espressiva dell’espressione andare a dottrina che i nostri genitori i nostri nonni e i nostri avi hanno usato per descrivere proprio l’assunzione di contenuti di fede che venivano trasmessi a tutti anche agli analfabeti perché non esiste un essere umano che non sia capace di accoglier e comprendere il mistero di Amore di Dio. Poi veniva l’esperienza, il vissuto ossia la traduzione personale del messaggio evangelico.
Tutto questo creava pensiero, anche nelle persone semplici lo ripeto non solo nelle persone intellettuali, c’erano dei codici di comprensione della realtà. Non c’era wikipedia ( peraltro molto comodo per una memoria di dati all’impronta ) ma una mens catholica che ,diciamolo pure, tende a dissolversi da diverso tempo.
Nella nostra epoca una sfida meravigliosa per noi credenti è proprio quella di riappropriarci della nostra cultura, del nostro sapere cristiano, del sapere di Cristo.
Il nostro stare nel mondo, il nostro giudicare il mondo ma soprattutto la nostra mentalità rischia di essere totalmente mondana e pagana se non prendiamo la Scrittura in mano e il magistero della chiesa.
Questo per noi credenti è un fatto imprescindibile soprattutto per i più vicini per i cosiddetti praticanti per coloro che sono impegnati direttamente nella vita della chiesa cattolica. Siamo di fronte a questioni enormi a livello politico e sociale il cui svolgimento è sempre più veloce e repentino. Ci interpellano fatti che mettono in crisi anche la nostra identità cattolica usata e strattonata da tutte le parti secondo, spesso, l’opportunità o l’ideologia politica.
La risposta a molte domande è affatto immediata ma trova sempre nella Scrittura una luce e un alveo di contemplazione. Di fronte alle sfide del declino sociale della nostra Italia e la prospettiva già attuale di una multiculturalità, lo ripeto, già in atto che cosa ci dice la nostra fede, quale l’agire che Gesù stesso ci chiede?. L’ho detto predicando e scritto anche in questa sede tante volte, solo un rapporto di vera intimità e conoscenza con Lui può guidare il nostro agire. Ma occorre adoperarsi in questo senso perché il pensiero non si illumina in un batter di ciglia. Come entrare in una riflessione autenticamente cristiana sulle questioni sociali senza aver presente ciò che la Rerum Novarum e successivamente la Centesimus Annus affermano sull’impegno nelle cose del mondo e dei diritti dei lavoratori. Gli esempi possono essere tantissimi per dire che l’urgenza, ne sono sempre più convinto, di ri-fondare un pensiero cristiano a livello popolare è attualissima e le nostre comunità possono dare un contributo essenziale. Sono grato a Dio perché nella nostra comunità cristiana di Spadarolo e Vergiano l’attenzione su questo tema è presente, mi riferisco ad una formazione che davvero sia costante nella propria spiritualità. Mi sono personalmente impegnato in questi anni e lo farò in futuro perché possiamo approfondire l’Evento cristiano a tutto tondo, accogliendolo nel cuore ma senza abdicare alla dimensione razionale la quale può solo giovare, se rettamente ordinata, a quella affettiva.
Auguro a tutti di prendere sul serio ciò che Dio si è degnato di fare, diventare come noi perché noi stessi diventassimo come Lui.